Il “De monarchia” e le “Epistole”

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Seba91
view post Posted on 23/3/2008, 15:16




Oltre alla riflessione intellettuale e pratica espressa nella "Commedia", vi è una riflessione politica espressa nella "Monarchia" e in alcune "Epistole".

La "Monarchia" nasce dalla situazione politica dell'epoca: i due massimi poteri, Impero e Chiesa, avevano in breve tempo perso autorità e ciò cagionò lo sbando dell'umanità ritrovatasi senza una guida, né temporale, né spirituale; il sogno di restaurazione imperiale di Dante sembrò allora concretizzarsi nel 1310, con la calata di Enrico VII di Lussemburgo in Italia:

in questa occasione Dante scrive 3 epistole (ai "reggitori d'Italia", agli "scellerati” Fiorentini e ad Enrico) in cui esprime speranza e paura per l'impresa e biasimo per chi la ostacola.

E così scrive anche il "De monarchia" (di cui però non conosciamo una data certa).

L'opera è in latino ed è rivolta ad un pubblico di dotti.

Questa è l'unica opera dottrinale di Dante che sia compiuta, divisa in 3 libri:

nel primo libro troviamo espressa la necessità di un monarca assoluto argomentata con vari sillogismi; mentre nel secondo spiega che Dio ha scelto il popolo romano come detentore dell'autorità imperiale (infatti Cristo nacque nell'impero romano); e nel terzo si espongono i rapporti tra Impero e Chiesa. Infatti all'epoca vi erano due tesi in proposito: una affermava la supremazia dell'Impero sulla Chiesa, l'altra il contrario. Dante disse invece che i due poteri sono autonomi perché entrambi discendono da Dio, ma mentre il primo si deve occupare della felicità terrena degli uomini, il secondo deve pensare alla loro beatitudine eterna; il fine della Chiesa è dunque più alto di quello dell'Impero e questo dunque deve riverenza alla prima.

La teoria di Dante veniva però smentita dalla storia, configurandosi così come un'utopia regressiva (in quanto tendeva a restaurare una situazione definitivamente superata); è da questa utopia, però, che nasce la costruzione poetica della "Commedia".

Nell' "Epistola XI" del 1314 si rivolge ai cardinali italiani, colpevoli di aver spostato la sede papale ad Avignone. E nell'epistola all'amico fiorentino del 1315 Dante dice di non poter tornare a Firenze perché offeso e troppo attaccato alla libertà. Infine nell'epistola a Cangrande della Scala, che alcuni dicono non essere autentica e sembra sia stata scritta tra il 1315 e il 1317, Dante dedica il Paradiso a questo signore di Verona e dà alcune indicazioni per la lettura del poema:

- il soggetto è lo status animarum post mortem (condizione delle anime dopo la morte)

- i sensi di lettura sono 4: letterale (il primo stadio di lettura, ovvero ciò che si legge scritto nel libro), allegorico(il secondo stadio, ovvero ciò che lo scrittore vuole dire nascondendo il tutto dietro le parole), morale (terzo stadio: ciò che lo scrittore vuole insegnare tramite l’opera), anagogico (ultimo stadio: rivolgere il tutto verso Dio).

- il titolo è dovuto al lieto fine ed allo stile"comico" (o mezzano)

- il fine è portare gli uomini dalla miseria alla felicità

Ma ora vedremo di esaminare meglio la “Commedia”.
 
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