Cavalieri di Malta, L’Epoca d’oro a Rodi

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Seba91
view post Posted on 26/3/2008, 17:58




Trasferita la sede del loro Convento e dell'Ospedale a Cipro, a Limisso, i Giovanniti sentono la necessità di riorganizzarsi e di pensare al futuro. L'isola sulla quale avevano trovato ospitalità insieme con i Templari.

Ora i due Ordini hanno un grandissimo problema: una giustificazione per mantenere l’Ordine in vita. Difatti lo scopo base dell’Ordine era praticamente venuto meno ed era impossibile perseguirlo, gestire un ospedale per i pellegrini a Gerusalemme era assolutamente impossibile ora, vista la situazione!

Ancor più grave la situazione dei Templari: il loro scopo era la difesa dei pellegrini in TerraSanta, scopo anch’esso fortemente irrealizzabile! Era necessario riorganizzarsi e tornare a combattere. Purtroppo ai Templari non fu dato il tempo di farlo, Filippo il Bello decise “saggiamente” di sacrificarli in nome delle sue finanze… se non ci fosse stata questa incredibile ingiustizia molto probabilmente i Templari avrebbero imboccato la stessa strada degli Ospitalieri.

Come si può intuire quest’ultimi furono più fortunati: l'occasione propizia si presenta nel 1306. Vignolo de Vignoli, un avventuriero genovese al servizio dell'imperatore di Bisanzio, Andronico II Paleologo, aveva ottenuto dal sovrano un contratto d'affitto per le isole di Cos e di Lero. Egli propone al Gran Maestro Folco de Villaret di conquistare insieme tutto il Dodecanneso e chiede soltanto di poter tenere per sé un terzo del territorio.

I Giovanniti comprendono che quella offerta é la soluzione auspicata per i loro problemi. Rodi era quanto di meglio si potesse pensare. Punto d'incontro tra le rotte di occidente e oriente, offriva porti naturali dove riparare le navi alle quali il clima e i venti avrebbero consentito di muoversi con facilità. Caratteristiche preziose per quella che sarebbe divenuta patria e roccaforte della milizia di San Giovanni.

Da aggiungere che l'isola suscitava ormai da tempo le attenzioni dei musulmani e molti nuclei saraceni vi si andavano insediando rapidamente. Si trattava, quindi, di intraprendere un'azione contro l'eterno nemico della Croce che minacciava di impossessarsi di un importante caposaldo.
All'inizio dell'estate la squadra approda a Rodi e i Cavalieri cominciano le operazioni. Per completarne la conquista saranno necessari alcuni anni e l’aiuto di Amedeo V conte di Savoia, ma il 15 agosto del 1310 su tutta l'isola sventola il rosso vessillo dell’Ordine. Rodi é salva e iniziano i lavori per farne una roccaforte. Per l'Ordine di San Giovanni ha inizio uno dei periodi di maggior splendore della sua storia e una formidabile serie di vittorie contro l’Islam avrebbe per così dire vendicato le sconfitte in TerraSanta.

Proprio per la collocazione nei decenni seguenti i Giovanniti prenderanno il nome di Cavalieri di Rodi, insieme alle altre nomenclature… tranne Cavalieri di Malta ovviamente, nome che verrà assegnato loro in seguito al possesso dell’isola e che diventerà poi quello ufficiale, arrivato fino ai giorni nostri.

Per le potenze europee essa costituirà essenzialmente una base militare di grande rilevanza strategica, mentre per la Chiesa e il mondo cristiano sarà l'avamposto di una speranza: finché la bandiera con la bianca Croce avesse sventolato su quella terra, il sogno di un ritorno in Palestina non era da considerare del tutto svanito.

L'Ospedale diventa in breve tempo una potenza marinara e non potendo trovare nel numero delle navi il proprio punto di forza, affida alla qualità delle stesse navi e alla temerarietà dei capitani e degli equipaggi il segreto dei suoi successi.

In Occidente, intanto, l'ideale crociato sembrava lentamente risvegliarsi e da ogni nazione d'Europa cominciavano ad arrivare giovani desiderosi di vestire l'abito Giovannita. Le nobili famiglie di Francia, Spagna, Italia, Portogallo e Inghilterra mandavano i loro figli cadetti a militare sotto le bandiere della Sacra Milizia e nel 1319, durante un Capitolo Generale convocato a Montpellier dal Gran Maestro Frà Elione de Villeneuve, fu deciso di riunire gli Ospedalieri in compagnie corrispondenti ai loro paesi di provenienza.

Quei gruppi furono chiamati Lingue ed ognuna aveva un suo Grand’Ufficiale. Inizialmente vennero istituite quelle di Provenza, Alvernia, Francia, Italia, Aragona, Alemagna (Germania), Inghilterra (con Scozia e Irlanda). Più tardi, nel 1462, Castiglia e Portogallo si separarono dalla Lingua d'Aragona e costituirono l'ottava. Ogni Lingua comprendeva Priorati o Gran Priorati, Baliaggi e Commende. Ogni Grand’Ufficiale aveva un nome diverso a seconda della Lingua che comandava, rispettivamente all’elenco di prima sono:

Gran Comandante, Maresciallo, Ospedaliere, Grand’Ammiraglio, Gran Conservatore, Gran Balivo, Turcopoliere, o Capitano Generale della Cavalleria e Gran Cancelliere.

Innumerevoli gli attacchi portati dagli ottomani nel tentativo di eliminare dal Mediterraneo quel nemico che si andava rafforzando rapidamente... tutti gli attacchi sono gloriosamente respinti!

Nel 1312 un'intera squadra navale Giovannita conquista Amorgo, un'isola dalla quale i musulmani potrebbero più facilmente minacciare i Cavalieri. É lo stesso Gran Maestro Folco de Villaret a guidare lo sbarco e a scacciare il nemico.

Nel 1318 con una mossa a sorpresa i musulmani assaltano Cos da poco fortificata. Sono a un passo da Rodi, ma il comandante delle galere Frà Alfredo III di Schwarburg, con un'azione rapidissima, costringe gli avversari ad abbandonare le posizioni occupate.

Navi turche attaccano Chio nel 1319 e Rodi nel 1320. In entrambi i casi le forze giovannite sono inferiori, ma il nemico é battuto.

Sull'isola si lavora senza soste per costruire bastioni e torri, chiese e splendide case. Rodi diviene una città fortificata ma, al tempo stesso, elegante e confortevole.

Dal 1396 al 1437 i Gran Maestri Filiberto de Naillac e Antonio Fluvian dedicano mezzi ed energie per accrescere le capacità difensive della loro roccaforte, rendendola anno dopo anno sempre più imprendibile.

Nel 1440 sono gli egiziani a sferrare una violenta offensiva ma, guidati dal Gran Maestro Giovanni de Lastic giunto appena in tempo dall'Europa, i Cavalieri li respingono nel corso di una sanguinosa battaglia al termine della quale inseguono le navi nemiche fin lungo le coste dell'Anatolia. Nel 1444 sono i turchi ad azzardare I'impresa, ma anche il loro tentativo fallisce.

Ma la vera minaccia si ha nel 1453 con Maometto II che riuscì a conquistare Costantinopoli e la Cristianità atterrita volge lo sguardo verso oriente dove, in pochi anni, il sultano turco occupa il Peloponneso, Trebisonda, Mitilene, l'Eubea, parte dell'Albania, le colonie genovesi della Crimea, piega la Serbia e impone il suo tributo a molte nazioni. Fu un comandante d’eccellenza e le sue intenzioni erano fin troppo chiare: conquistare l’Europa.
Dopo le sue rapide conquiste a sbarrargli il cammino c'é, ormai, soltanto un'isola. Un piccolo ostacolo che può essere facilmente superato e Maometto II dichiara che a quel nemico, che osa sfidare la potenza della Mezzaluna, sarà opportuno dare una solenne lezione che serva di monito a tutto l'Occidente. Una minaccia che non tarda ad attuare.

All'alba del 23 maggio del 1480, 160 navi fanno la loro apparizione davanti a Rodi e 100.000 uomini sbarcano rapidamente, trascinando un numero mai visto di cannoni. Uno dei più grandi assedi della storia ha così inizio.

Il Gran Maestro Frà Pietro d'Aubusson ha previsto da tempo le mosse del nemico e ha già ordinato la mobilitazione di tutte le forze a sua disposizione. Ha inviato messaggeri ai principi europei con la richiesta di uomini e mezzi, ma ha ottenuto soltanto promesse o risposte evasive. Unico aiuto, quello portato da un italiano, Benedetto della Scala che comanda un contingente di uomini armati a sue spese.

L’assedio comincia con un gravoso e massiccio bombardamento che si conclude il 24 maggio, quando i comandanti turchi ordinano il primo assalto. Sono convinti di avere rapidamente ragione degli assediati, ma la tenacia dei Gerosolimitani smentisce le facili previsioni del sultano e l'assedio si protrae per due mesi. Il 27 luglio i musulmani sferrano quello che nei loro piani, dovrebbe essere l'attacco definitivo. Più di 3.500 proiettili sono caduti sulla città nel corso del cannoneggiamento che é durato settimane e che ha ridotto alcuni punti della cinta muraria a un cumulo di rovine.

Ed é contro quei varchi che il comandante delle fanterie, il rinnegato Nisha Paleologo, impiega le sue truppe migliori: 2500 giannizzeri e altre migliaia di soldati circondano la Torre d'Italia e piantano sugli spalti le bandiere del profeta. Tutto sembra perduto, ma la reazione é immediata. Guidati dal Gran Maestro, i Cavalieri affrontano in un cruento corpo a corpo il nemico che, alla fine, é costretto a retrocedere. Nonostante le numerose ferite riportate, Frà Pietro d'Aubusson non si stanca nell'esortare i suoi a respingere gli avversari che tornano più volte alla carica.

Una sanguinosa giornata il cui esito, insieme con la notizia di un imminente arrivo di rinforzi, induce il Pascià Paleologo a rinunciare all'impresa. La tracotanza musulmana si é infranta contro quella piccola isola e l'Europa può guardare con rinnovata speranza alla Sacra Milizia, come all'unico baluardo contro l'Islam.

Maometto II deve amaramente ammettere, che un pugno di uomini é riuscito a battere il suo grande e, fino a poco tempo prima, imbattuto esercito. Una sconfitta alla quale non riuscirà mai a rassegnarsi e che vorrà ricordata sulla sua tomba, sulla quale fará scrivere: «Volevo conquistare Rodi e l'Italia».

All'indomani della vittoria, i Gerosolimitani sono nuovamente al lavoro per ricostruire la città e le mura devastate dalle artiglierie. La loro missione è quella di combattere gli infedeli e sanno che le occasioni non mancheranno.

Convinti di sorprendere gli Ospedalieri, i turchi riprovano ancora nel 1503, sperano di sfruttare la sorpresa, ma l'immediata risposta li costringe a ritirarsi con gravi perdite.

Tolto un conquistatore turco se ne fa un altro! (Questi musulmani sono peggio delle formiche! NdOstri) Dopo il formidabile Maometto II si presenta sulla scena internazionale Solimano II con i suoi tentativi di conquista dell’Europa. Solimano II riesce a conquistare Belgrado: ormai padrone dell'Ungheria, può minacciare facilmente l'Europa via terra. L'altro baluardo cristiano é sul mare: i Giovanniti non gli permettono di consolidare la supremazia della sua flotta e pertanto vanno eliminati.

Il destino dell'Ospedale é deciso: Solimano ordina ai suoi generali di attaccare e di spazzare via quell’isolotto.

il Gran Maestro Frà Filippo de Villier de l'Isle Adam che dispone in tutto di 600 confratelli e 5000 uomini. Presentendo il pericolo ha inviato richieste di aiuto a tutti i sovrani cattolici, ma nessuno si é detto disposto a fornire rinforzi. Come al solito le potenze europee si dimostrano cieche e non riconoscenti di fronte agli sforzi compiuti dall’Ordine per il bene di tutti… l'Ordine é nuovamente solo di fronte all'impero ottomano.

La mattina del 6 giugno del 1522, gli uomini di vedetta sulle torri si sentirono mancare il cuore alla vista della flotta che si andava delineando all'orizzonte. Centinaia di navi cariche di armati si avvicinavano lentamente. Riuniti i Cavalieri, il Gran Maestro ricordò con brevi parole l'impegno assunto al momento di indossare l'abito gerosolimitano: combattere gli infedeli anche a costo della vita e dimostrarsi degni del privilegio di appartenere alla Sacra Milizia.

Ma lo spettacolo delle formidabili fortificazioni di Rodi doveva destare non poche preoccupazioni anche tra le fila degli attaccanti. Una doppia cinta di mura, saldamente collegata alla roccia naturale e a picco sull'acqua, correva intorno alla città e, a rafforzarla sui tre lati, verso la terraferma, c'era un fossato profondo circa 18 metri. La cerchia incorporava tredici torri e la città era dominata dall'alto campanile della chiesa di San Giovanni. Ovunque cannoni pronti a far fuoco e terra bruciata ovunque, anche all’interno del castello; lo stesso Gran Maestro aveva dato l’ordine di bruciare tutto, per non dare ai turchi la possibilità di riparo e di vettovagliamento… una decisione che dimostra la determinazione di questi Cavalieri e della gente di Rodi.

La morsa si stringe, migliaia di schiavi sbarcano dalle navi artiglierie di ogni calibro, mentre le colline circostanti si coprono di vessilli e di tende multicolori. Quando i turchi aprono il fuoco, l'isola pare incendiarsi.

Dalla parte degli ottomani stanno il numero, la potenza, la formidabile organizzazione militare e il fanatico disprezzo della propria vita e di quella altrui, sul fronte dei Giovanniti, il coraggio della Fede e il genio di un Cavaliere: Gabriele Martinengo, il più famoso ingegnere di assedio del tempo.

il 26 giugno, le truppe ottomane si preparano per il primo assalto. Lungo gli spalti i Gerosolimitani attendono il nemico.

Sulle armature portano la veste da battaglia: la dalmatica rossa con la grande Croce bianca.

Prima di raggiungere il proprio posto sulle mura, hanno ascoltato la Messa nella cattedrale di San Giovanni. C'é con loro tutto il popolo di Rodi. Pescatori, contadini, gente semplice che si stringe intorno a quegli nomini che ha imparato a stimare e che per tanto tempo hanno difeso la loro libertà, le loro case e che della loro isola hanno fatto una patria rispettata e temuta.

Migliaia di turchi marciano verso le mura. Ma percorse alcune centinaia di metri, quella massa umana sembra vacillare sotto i colpi di artiglieria che aprono tra le sue file vuoti spaventosi. E nonostante la valanga di fuoco e di pietre che precipita dall'alto, la marea brulicante raggiunge i bastioni e ne tenta la scalata.

É un vero massacro.

Malgrado gli incitamenti e le minacce dei comandanti, l'esercito si ritira abbandonando sul terreno con migliaia di uomini, la speranza di concludere rapidamente l'assedio.

Una giornata epica, alla fine della quale i Cavalieri ringraziano, nella cattedrale di San Giovanni, la Vergine del Fileremo loro protettrice. Nelle strade la gente festeggia la vittoria, ma l'assedio é appena cominciato e gli ottomani torneranno presto all'assalto.
Solimano, informato della situazione, decide di assumere personalmente il comando delle operazioni e il 28 agosto arriva con una nuova flotta.Rodi resiste.

Il 4 settembre con una mina gli attaccanti riescono a far saltare una parte del bastione della Lingua d'Inghilterra e intorno a quella breccia la lotta si accende furibonda. Respinto a prezzo di grandi sacrifici, il nemico torna ancora il 24 settembre. Sarà una delle giornate più drammatiche: i caduti dalla parte dei turchi sono, secondo i cronisti del tempo, quindicimila. Un vera e propria strage.

Le provviste all’interno delle fortezze però cominciano a scarseggiare e la gente é sfinita mentre da Costantinopoli continuano ad arrivare rinforzi. Dall’Europa invece soltanto un indifferente silenzio, mentre uno dei baluardi Cristiani stava cadendo sotto l’Impero Ottomano nonostante le imprese eroiche, gli Stati europei rimanevano a guardare.

Seguono giorni difficili per gli assediati, con poche provviste, sfiniti dal lungo assedio e abbandonati dagli altri Paesi Cristiani, anche se non perdono mai la fiducia e la loro devozione alla croce supera qualsiasi difficoltà.

All'alba del 17 dicembre, Solimano sferra l'assalto decisivo. Dopo ore e ore di lotta disperata, i giannizzeri superano la cinta di mura, ma con un ultimo sforzo il Gran Maestro e i confratelli superstiti riescono a ricacciarli indietro. Ormai é inutile continuare a lottare e i rodioti chiedono di trattare la resa con Solimano. Anche se ridotti a un centinaio, i Cavalieri respingono sdegnosamente una simile soluzione, ma Frà Filippo Villier de l'Isle - Adam conosce l'atroce destino che, in caso di ulteriore resistenza, i conquistatori riserverebbero alla popolazione. Profondamente impressionato dal coraggio degli avversari, il sultano riceve il Gran Maestro con grande deferenza. Sa che Rodi é allo stremo, ma non dimentica che anche il suo esercito é molto provato e che la lotta potrebbe durare ancora giorni e giorni. E Solimano accetta le condizioni proposte: la città e la popolazione saranno risparmiate, ai Giovanniti consente di portar via quanto posseggono e assicura loro l'onore delle armi. Si permetterà, infine, ai rodioti che lo vorranno, di seguire i Gerosolimitani nel loro esilio.


Il 24 dicembre, dopo sei mesi di combattimenti, i turchi entrano a Rodi e all'alba del 10 gennaio (secondo alcuni cronisti la partenza avviene il 2), l'Ordine dell'Ospedale lascia la terra che per più di due secoli é stata la sua patria.

Sulle navi che prendono lentamente il largo, non sventola il rosso vessillo della Religione, ma un drappo bianco sul quale spiccano, ricamate in oro, l'immagine della Vergine e una scritta: «Afflictis Tu spes unica».

Una scelta dettata dalla profonda devozione alla Madre del Salvatore ma nello stesso tempo, una denuncia contro la Cristianità che ha abbandonato i suoi figli nel momento supremo.

L’epoca d’oro dei Cavalieri di San Giovanni a Rodi era finita e si apriva davanti a loro un periodo di profondo smarrimento, anche se la loro tenacia e la loro fede li sorressero in questi momenti difficili.

Prima ho parlato di una divisa rossa con la croce bianca, mentre all’inizio avevo detto che il saio era nero… i Giovanniti dopo la ritirata dalla TerraSanta scelsero di usare una diversa divisa: in tempo di pace quella nera, mentre in tempo di guerra quella rossa, fermo restando la croce bianca.

 
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