Michela (5)

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"hari_seldon"
view post Posted on 26/8/2009, 21:41




Carmen le sfilò la vestaglia e la baciò voracemente sulla bocca, strofinandosi addosso a Michela che ricambiò cominciando, lentamente, a spogliarla, fino a lasciarla con solo le calze e il reggicalze. Poi le allargò delicatamente le gambe e si inginocchiò, cominciando a leccarle la fica. “Ma che c’è qua ?” chiese, incontrando con la lingua qualcosa che non si aspettava. Le allargò le grandi labbra e scoprì due anellini d’oro. “Ma cosa hai fatto, ti sei messi gli orecchini alla fica ?” domandò, chiamandomi con un gesto perché osservassi a mia volta. “Belli eh?” replicò lei, tutta contenta. "Le mie amiche vanno in brodo di giuggiole quando mi leccano. Guarda, si fa così “ disse stendendosi sul letto e afferrando i due anellini, uno con ciascuna mano, e tirandoli verso l’esterno. La fica le si spalancò, offrendosi alla lingua di Michela, che cominciò a leccarla e a succhiarle la clitoride, strappandole gridolini di piacere. “Giuseppe aiutaci” mi disse, al che mi avvicinai pieno di speranza e ardore : potevo finalmente partecipare. “Prendi un po’ di quella roba che c’è nella valigetta” disse. Fortunatamente, teneva gli occhi chiusi e non notò la delusione che mi si dipinse in viso. Presi cinque o sei falli e li appoggiai sul letto, mentre Michela si era sistemata in un bel 69 per essere ricambiata. Comunque, visto che era mia moglie, pensai che almeno su di lei potevo fare qualche giochino, così mi chinai tra le sue chiappe e cominciai a leccarle il buco del culo. Carmen incrociò il mio sguardo e si mosse strofinando la lingua sulla fica di Michela fino a entrare in contatto con la mia. Fu una specie di bacio “esterno” ma servì a sciogliere definitivamente il ghiaccio. E così mentre Carmen raccoglieva un vibratore e lo infilava pian pianino nel culo di Michela, le nostre lingue si sincronizzarono, infilandosi insieme nella fica spalancata. “Oddio cosa mi state facendo” gridò con voce strozzata Michela. “Credo che potrei morire”. “Fatelo anche a me allora” disse Carmen e fece forza sulle ginocchia di Michela perché si scambiassero di posizione. Anche io mi trasferii dall’altra parte, per scoprire che la fica di Carmen era già stata riempita da un bel vibratore, per cui riservammo la nostra “doppia leccata” al buco del culo, fino a che fu lucido di saliva. Quindi anche quel buco fu riempito da un bel vibratore. Nel giro di dieci minuti, l’unico a non essere arrivato ero io. Le ragazze si presero un momento di riposo, di cui approfittò Carmen per estrarre un nuovo coniglio dal suo magico cilindro : un doppio fallo dotato di cinghia. Indossarlo era già di per sé uno spettacolo : bisognava appoggiare una gamba su una
sedia tenendo le gambe larghe e infilarsi il primo fallo nella fica; poi assicurarsi le cinghie ai fianchi; e si era pronti a penetrare la compagna, assicurando nel contempo la propria penetrazione. Ogni colpo di fianchi su Michela, si sarebbe trasformato in un colpo altrettanto efficace dentro Carmen. Semplice. Michela aveva assistito affascinata alla “vestizione” e adesso si sdraiò allargando le gambe per accogliere il “cazzo” della sua nuova amica. Che la penetrò con mascolino ardore sdraiandosi su di lei. Mentre si muoveva ritmicamente, le ragazze si strofinavano reciprocamente i capezzoli pizzicandoli; e si baciavano selvaggiamente, le lingue che guizzavano dalle bocche rosse e spalancate. “Ho bisogno di sentire odore di cazzo” mormorò Michela. “Giuseppe, mettimelo in bocca, ti prego, voglio annusarlo ed assaggiarlo”. Non me lo feci ripetere due volte e, visto che comunque Carmen non smetteva di baciarla, appoggiai la cappella tra le loro due bocche. Era ovviamente grondante di umori, che evidentemente incontrarono il gusto anche di Carmen, perché mi ritrovai il cazzo letteralmente travolto in un vortice di bocche, lingue e denti, mentre a turno una lingua mi esplorava l’asta per tutta la sua lunghezza. Non avevo speranze: in cinque minuti mi ritrovai a sborrare. Furono molto brave : si divisero tutto da buone amiche, leccandosi labbra e lingue fino all’ultima goccia. Eravamo tutti spompati e ci rifocillammo. Carmen si era sfilato il fallo doppio grondante dei suoi liquidi e l’aveva appoggiato sul letto disfatto; Michela si mise a frugare tra le sue cose nell’armadio e ne riemerse con due mollette. “Che dite faranno male ?” ci chiese riferendosi evidentemente ai disegni di Farrell. “Ma ‘sta cosa proprio ti ha colpito, eh?” le dissi “Hai fantasie in cui subisci violenza ?”. “E’ stato in Toscana, Giuseppe. Ripensavo a tutti quei cazzi, e a me che ero in quel momento solo un oggetto sessuale. Mi sono detta, ma se devo essere oggetto sessuale, perché non esserlo davvero fino in fondo? Fare il giocattolo”. “Ma questo non c’entra col farsi male”. “Ma quanto dolore può esserci in una molletta sui capezzoli? Pensa invece a quanto godimento, nel non poterti muovere, nel dover soddisfare questi cazzi duri, nell’essere costretta a leccare la loro sborra, i loro corpi. Possibile che non capisci?”. “Non capisco, ma mi adeguo” risposi e la afferrai per le braccia costringendogliele dietro la schiena. “Dai Carmen, accontentiamola” e allungai le mollette a Carmen. Lei si chinò a leccarle i capezzoli, succhiandoglieli fino a indurirli per bene, poi applicò le mollette, causando un gridolino di piacere. “Ma è bellissimo.” esclamò. “E ora anche il resto allora”. Le legai approssimativamente le braccia con un asciugamano e la costrinsi sul letto carponi, col culo all’aria e le cosce aperte. Poi presi il grosso fallo nero e glielo ficcai nel culo, che era comunque talmente bagnato che non oppose alcuna resistenza. Carmen si era seduta vicina alla sua testa e le afferrò i capelli sollevando la bocca verso di lei; prese il doppio fallo e cominciò a strofinarle labbra e guance con la parte che era stata dentro la sua fica. “Mamma mia come godo” mugolava Michela, che cominciò a leccare il liquido vischioso che la ricopriva, mentre io da dietro la penetravo tra le gambe usando lo stomaco per sincronizzare i movimenti del pene nero che le sfondava il culo. Mancava solo lo sposino. Riproduzione perfetta. Non so quanti orgasmi ebbe lei, ma io arrivai in cinque minuti esatti, nonostante la precedente sborrata, e le riempii la fica. Poi mi accasciai, praticamente defunto, con l’affare sgocciolante che pendeva pateticamente tra le gambe. Fu in quel momento che giunse dal corridoio un trambusto, evidentemente causato da un carrello usato per portare la colazione ai piani. Ero incuriosito, ma dovetti prima cercare qualcosa per coprirmi, e quando aprii la porta paludato in un accappatoio, il corridoio era vuoto. “Devo farmi una chiacchierata col cameriere al piano” riflettei tra me rientrando. Le ragazze erano finalmente crollate e giacevano scomposte sul letto. Michela aveva i capezzoli rossi e Carmen la guardava adorante. “Sei una donna fantastica, Michela” le disse “e ho delle conoscenze che secondo me ti faranno passare una settimana incredibile qui a Rimini.” “Chi ?” chiesi, interessato. “Si chiamano Mario e Tonio. Sono due figli di papà, vengono qui tutti gli anni e hanno un giro molto particolare. Frequentano il mio porno shop con le mogli e cercano sempre oggetti un po’ strani. Ma soprattutto, hanno due marinai di colore”. “Oddio, coi cazzoni enormi ?” chiese subito Michela. “Questo non lo so, ma dicono che i neri ce l’abbiano più grosso”. “E quando ce li fai conoscere ?” sempre Michela. Mi sentivo vagamente inquieto. “Non so, credo che stiano sulla loro barca. Magari uscendo vedo se posso parlarci. Se no, dovremo aspettare che passino in negozio”. “No, dai, valli a cercare, ti prego. Due negroni dove li troviamo più?” sempre Michela. Ed io sempre più inquieto. “Ok, vedo che posso fare. Giuseppe tu sei d’accordo?” “Bé, si, insomma, in effetti, non so …” balbettai. “Ma certo che è d’accordo” concluse lei per me. E così entrammo nel giro di Mario e Tonio.
(continua)
 
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