Michela (9)

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"hari_seldon"
view post Posted on 26/8/2009, 21:47




“Beh, allora apprezzerai sicuramente l’ultimo quadro erotico di stasera” concluse Sara.
“Non muoverti, arrivo subito” e con un cenno alle sue amiche si allontanò.
Michela cominciava ad accusare la stanchezza per tutto quel movimento e rimase languidamente sdraiata sul tavolo, osservando la gente che si muoveva intorno. Valutava i cazzi, cercando con gli occhi i suoi “negroni” che quanto a cazzo non avevano rivali nella sala.
Comunque un paio di signori ben dotati, con grossi cazzi scappellati e pieni di vene gonfie, si aggiravano per la sala. Probabilmente si chiedeva se li avesse assaggiati….
Il gruppetto di donne rientrò portando una cassetta e Sara richiamò la nostra attenzione.
“L’ultimo quadro della serata. Inizialmente riservato solo alle signore. Quando batterò le mani, potrete proporre le vostre varianti. Mi raccomando solo di non esagerare”.
La donna con la mascherina si avvicinò a Michela e la fece distendere ben rilassata sul tavolo. Le allungò le mani dietro la testa, unì i polsi e li imprigionò con due giri di un largo nastro adesivo da imballaggio. Tirò le braccia all’indietro, allungandole e infine, sempre col nastro, le fissò alle gambe del tavolo.
Intanto le signore distribuirono a tutti cazzi finti, di ogni forma colore e misura. Uno per ciascuno. Sara e un’amica finirono di preparare Michela, allargandole le gambe a squadra e poi piegandole verso la testa; le caviglie furono assicurate anch’esse alle gambe del tavolo, per cui alla fine al sua posizione risultava con la zona dei genitali oscenamente esposta verso il soffitto. Le cosce tanto aperte garantivano che sia la fica che il buco del culo fossero spalancati e completamente indifesi. Le signore avevano circondato mia moglie e attendevano di poter cominciare a lavorarsela.
“Ora vediamo quanto cazzi riuscirà a prendere la nostra bella amica” gridò Sara, dando il via allo spettacolo.
L’azione fu molto ordinata. Tutti i cazzi dotati di meccanismo vibrante vennero attivati. Ne venne prima introdotto uno nella fica, uno nel culo e uno in bocca, poi, con molta delicatezza e attenzione, cominciarono a introdurre gli altri. Nella bocca riuscirono ad introdurne ben quattro, avendo l’accortezza di infilarseli prima nelle fiche sgocciolanti per lubrificarli.
Tre vennero infilati nella fica, che Sara teneva aperta il più possibile tirando le grandi labbra e due entrarono nel culo, che stava ormai diventando una grotta rossa e infiammata; Michela era salvata dalla straordinaria lubrificazione che aveva preceduto l’azione grazie alla sborra con cui l’avevano riempita. In tutto questo, lei mugolava e si agitava convulsamente, non so se in preda ai dolori causati sia dalla posizione sia dalla spaventosa dilatazione cui era sottoposta, oppure da un godimento mai immaginato prima. Ma a quel punto Sara batté le mani e anche noi, spettatori infoiati, potemmo intervenire ad arricchire il quadro. Falli vibranti cominciarono a scorrerle lungo le cosce e intorno alle grandi labbra, mentre i falli che la spaccavano in due venivano delicatamente spinti coi palmi delle mani ancora più dentro. Un grosso fallo nero le venne infilato tra le tette, mentre due mani diverse gliele premevano una contro l’altra e altri due falli vibravano sui capezzoli duri come marmo. Qualcuno che si stava masturbando arrivò spruzzando sborra sui cazzi che le riempivano la bocca; la sborra cominciò a scorrerle in bocca dallo spazio tra i cazzi stessi. Poi anche le tette furono innaffiate; mani premurose spalmavano coi cazzi vibranti il seme sui capezzoli.
A questo punto Sara tornò trionfante dalla cucina con due grandi imbuti, che teneva sollevati sulla testa. Un grande applauso l’accolse. Ormai eravamo tutti assatanati.
Le tolsero i falli e infilarono, dopo averli opportunamente spalmati di vasellina, gli imbuti in bocca e nel culo, poi accostarono due sedie all’altezza della testa e due all’altezza del culo. Cominciò una processione di tutti i maschi presenti, che venivano masturbati dalle donne a gran velocità, fino a spruzzare negli imbuti. Qualcuno arrivò due volte e uno dei neri, tre.
Il pieno di sborra che fece mia moglie quella sera restò memorabile.
La festa finì da lì a poco. Non c’era la possibilità di fare una doccia, quindi Michela fu costretta a ripulirsi come poteva; ci rivestimmo e lasciammo il gruppo tra grandi abbracci, baci, complimenti e promesse di rivederci al più presto.
Quando rientrammo in albergo incrociammo il cameriere che conoscevamo.
Non gli sfuggì l’aria stravolta che avevamo, particolarmente Michela, ma soprattutto non poté sfuggirgli l’odore di sesso e di sborra che la mia signora emanava, e neppure il passo leggermente incerto dovuto alla dilatazione anale che aveva subito. Mi rivolse una lunga occhiata eloquente e sottovoce suggerì “sono di servizio fino all’una, signore”.
Appena in camera, ci fiondammo sotto la doccia, esausti. Lavandoci a vicenda, ci dicemmo le prime parole da quando eravamo saliti in macchina.
“Giuseppe, devo dirti una cosa”. “Dimmi”. “Sai cosa mi è piaciuto di più stasera ?”. “I cazzoni dei negroni ?”. “No, non me li sono presi nemmeno tutti. Peccato. No.”. “Allora ? Dimmelo, dai”. “Quando mi hanno legata in quel modo. Quando mi hanno aperta davanti a tutti. Mi vergognavo e godevo. Godevo come una matta. Mi sentivo completamente impotente, alla mercé di tutti. Avrei voluto che mi lacerassero, che mi impalassero. Non so. Non riesco a spiegarmi. Li volevo tutti, ma tutti insieme. Se avessi avuto anch’io gli orecchini alla fica, come Carmen, magari me l’avrebbero aperta ancora di più. Non so. Poi tutta quella sborra. Madonnina, non capivo più niente. Non so spiegarti meglio. Mi sono sentita veramente posseduta, ecco. Fino dentro all’anima, non solo nel corpo. Pensi che sia masochista ?”.
Non sapevo cosa rispondere, non capivo nemmeno io. E allora tacqui, e dieci minuti dopo, ci addormentammo di un sonno da sfinimento.
Alle dieci però – le abitudini sono dure a morire e noi non dormivano mai fino a tardi – eravamo svegli e indolenziti.
Michela si stiracchiò, poi si alzò decisa.
“Vado a cercare un parrucchiere, Giuseppe. Sono un disastro. Chissà se lo sperma fa bene ai capelli ?.
“Speriamo, perché stanotte ci hai fatto un bello shampoo” scherzai.
In un quarto d’ora eravamo pronti, io per il mare, lei per il parrucchiere. Ci separammo nell’atrio, ma appena svoltò l’angolo, rientrai e andai in cerca del cameriere. Lo trovai, scoprii che si chiamava Franco, e parlammo per più di un’ora. Volevo che capisse bene le mie istruzioni. Ci lasciammo alle dodici meno un quarto. Troppo presto per il pranzo, troppo tardi per il mare, pensai, mi vado a buttare un po’ sul letto. In effetti, mi sentivo parecchio provato. Rientrai in camera soprapensiero, tutto concentrato sulla nuova situazione che si era creata, e quello che vidi faticò un po’ a entrarmi in testa. Guardavo, vedevo, ma non capivo esattamente cosa stesse succedendo. Proprio di fronte alla porta, con una gamba sollevata e un piede scalzo appoggiato sul letto, c’era una giovane donna, non proprio attraente ma nemmeno decisamente brutta. Notai che portava gli occhiali. Indossava quella che evidentemente era una divisa, con tanto di cuffietta bianca. Gonna arricciata al ginocchio e calze nere, poco trasparenti, tenute su da un reggicalze nero anch’esso. Una cameriera, evidentemente. Forse quella addetta alla nostra camera o al nostro piano. Doveva essere così.
Solo che impugnava il cazzone nero di Michela e se lo stava strofinando con passione sulla fessura, nera di pelo, con le mutandine, bianche, scostate da un lato. La mia intrusione la aveva presa completamente di sorpresa, anche perché era evidentemente molto presa nella sua attività e non mi aveva affatto sentito arrivare. Incrociai il suo sguardo e la vidi cambiare letteralmente colore, passando dal bianco della sorpresa al rosso vivo della vergogna.

(continua)
 
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